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Perché studiare Musica
La musica rende più attivo il cervello
E' quello che ipotizzano alcuni ricercatori canadesi, che stanno facendo dei test su ragazzi e anziani: pare che l'educazione all'ascolto delle note consente di apprendere e ricordare più velocemente.
L'educazione musicale consente ai bambini di apprendere più velocemente a scrivere e a parlare, e agli anziani di conservare più a lungo le proprie facoltà intellettuali?
È questo che intende scoprire ambiziosa ricerca avviata in Canada, la prima a cercare di definire l'influenza di una educazione musicale sulle capacità cerebrali, a tutte le età."In effetti il cervello è un organo malleabile, sia nell'infanzia che nella età adulta.
E se si riesce a dimostrare che l'educazione musicale consente molto di più della esecuzione pura e semplice di un brano, potremmo avere uno strumento straordinario sia per l'educazione dei bambini che per il mantenimento in efficienza del cervello in età avanzata.
Addirittura, per la riabilitazione in caso di ictus o malattie cerebrali", sostiene il dottor Christo Pantev, neurologo presso il Centre for Geriatric Care di Toronto, uno dei coordinatori della ricerca. Pantev ha già avuto modo di studiare il cervello di musicisti professionisti nel corso di uno studio sperimentale tenuto in Germania, e di verificare proprio come la musica sia in grado di modificare - anche in senso fisico - i "cablaggi" cerebrali. Le sue scoperte, pubblicate su Nature e su Science, hanno dimostrato che i musicisti hanno aree corticali uditive e sensoriali più sviluppate rispetto a chi non si occupa di musica.
E che i musicisti che hanno cominciato a studiare le note nella prima infanzia hanno aree corticali più ampie rispetto ai colleghi che hanno iniziato più tardi.
Ora i ricercatori hanno avviato uno studio su bambini da 4 a 6 anni d'età, tutti iscritti alla Suzuki School of Music, di Toronto e di Hamilton, e su adulti in età avanzata che hanno una educazione musicale.
Per tutti i soggetti sono previsti test (cui sottoporre anche un gruppo di controllo di persone estranee alla musica) per verificare, in particolare, le differenze funzionali nei cervelli "musicali", la possibilità che l'esercizio musicale sviluppi aree specifiche del cervello, la possibilità che l'esercizio sia utilizzato per migliorare anche le capacità cognitive generali.
In particolare verranno impiegate tecniche di rappresentazione per immagini come l'elettroencefalogramma e gli apparecchi per la risonanza magnetica.
A cura di www.saluteitalia.net
Articolo pubblicato su "Repubblica" il 12 gennaio 2002
Musica e intelligenza
di Redazione 26 Luglio 04 [Arte e cultura]

Una ricerca canadese pubblicata sulla rivista Psychological Science sostiene che studiare musica aumenta il quoziente intellettivo. Lo studio è stato condotto su alcuni bambini di 6 anni, che per un intero anno scolastico hanno frequentato lezioni di musica o di canto. Test psicologici effettuati prima e dopo le lezioni hanno dimostrato, rispetto al gruppo di controllo, un maggiore incremento del quoziente intellettivo nei bambini che avevano seguito questi corsi.
I ricercatori sottolineano che non bisogna credere che studiare musica renda i bambini magicamente più intelligenti. Glenn Schnellenberg, autore dello studio e docente di psicologia all'Università di Toronto aggiunge: “Le lezioni di musica, prese individualmente o in piccoli gruppi, possono portare ad una crescita aggiuntiva del quoziente intellettivo perchè sono vere e proprie attività di studio, ma al tempo stesso anche di divertimento”.
La relazione tra musica e sviluppo dell'intelligenza è, da molti anni, oggetto di animate discussioni accademiche. Lo stesso Dr. Schnellenberg ha pubblicato alcuni articoli che mettono in dubbio la teoria dell'effetto Mozart, secondo la quale far ascoltare Mozart ai bambini ancor prima della nascita, rafforza i processi creativi dell'emisfero destro del cervello associati alle percezioni spazio-temporali.
Sempre secondo il Dr. Schnellenberg, l'apprendimento della musica estende i suoi benefici anche ad altre regioni cerebrali, perchè implica una vasta gamma di attività, come per esempio la concentrazione, lo sviluppo della memoria, la comunicazione.
Alcune curiosità
da www.musicoterapiaonline.it
Il creato è vibrazione
Nel 18° secolo Ernst Chladni, un fisico tedesco, pensa di applicare alla cassa armonica di un violino una sottile lamina di metallo su cui distribuisce della sabbia sottilissima. Facendo poi scorrere l'archetto sulle corde, osserva che la sabbia, vibrando per il suono prodotto, si disponeva in forme geometriche che si modificavano quando si cambiava l'altezza della nota. In questo modo Chladni dimostra che il suono, le vibrazioni, influisce veramente sulla materia e inizia a studiare a fondo l’argomento fondando una nuova scienza: la cimatica. Tuttavia fu solo nel ventesimo secolo che la cimatica riprese grazie ad uno scienziato svizzero: Hans Jenny. Utilizzando le sofisticate apparecchiature moderne Jenny misurò, fotografò, sperimentò gli effetti delle vibrazioni sonore di ogni tipo sui più diversi materiali e scoprì che le forme create dal suono erano prevedibili. Per esempio, determinati suoni corrispondono sempre alle stesse figure, inoltre, scoprì che acclamando i suoni di antichi linguaggi come il sanscrito o l'ebraico, le figure che si producevano, disegnavano il simbolo alfabetico che si pronunziava! Un’altra scoperta interessante rilevava che i disegni, che altrimenti si formavano, ricordavano le strutture cellulari degli organi viventi. Jenny si convinse che la vita è il risultato delle vibrazioni specifiche di ogni cellula - in altre parole, ogni cellula ha il suo suono, la sua nota.
Effetti della musica
Nell’ormai famoso libro La vita segreta delle piante, di Christopher Bird e Peter Tompkins, si racconta come i "soggetti" (cioè le piante) sottoposti a musica dura come l’hard rock, si allontanassero "disperatamente" dalla fonte musicale, allungandosi nella crescita in direzione opposta. Le piante più fortunate, a cui era stata proposta della musica classica, crescevano invece con "entusiasmo" verso l'altoparlante. Una pianta, addirittura, si attorcigliò "amorevolmente" attorno alla cassa. Tuttavia, il successo maggiore lo rilevò la musica indiana del sitar di Ravi Shankar. Le piante ebbero una inclinazione verso la fonte musicale mai raggiunta prima!
Una curiosità
La musica risuona dunque nella materia e produce degli effetti. Così il nostro corpo risponde al suono anche quando non ne siamo consapevoli. Un ricercatore e professore di musica R.Murray Schafer ha scoperto che per gli studenti statunitensi e canadesi la nota più facile da ricordare è ciò che corrisponde al "si naturale", mentre per gli europei è il "sol diesis". Perché questa differenza? Il professore spiega come negli USA e in Canada la corrente elettrica alternata è di 60 cicli al secondo. Tutto il nostro corpo percepisce queste frequenze ogni volta che un apparecchio elettrico funziona e, ben sappiamo come ne siamo esposti! La frequenza americana è in risonanza col "si naturale". Mentre in Europa, la corrente ha 50 cicli al secondo, ed è in risonanza, appunto, col "sol diesis"!
Perché fare musica?
da www.scuolamilanomusica.it
Un bambino che frequenta la seconda elementare dopo quattro mesi di lezioni di pianoforte in una scuola di musica, secondo il Professor Gordon Shaw dell'Università di Irvine in California, a seguito di una ricerca, pubblicata sul numero di Marzo della rivista scientifica Neurological Research, sviluppa una capacità di ragionamento molto superiore a quella di un coetaneo che non si è avvicinato alla musica. In altra ricerca si è scoperto che tra i bambini di tre o quattro anni che venivano lasciati da soli davanti ad un videogioco dopo qualche tempo alcuni presentavano inibizioni di tipo psicomotorio anche gravi.
Ritengo queste due notizie importanti per introdurre alcune considerazioni che intendo fare partendo dal paradigma che ci impone di riconoscere e riconfermare con forza che l'apprendimento della musica, con l'uso dello strumento musicale, ha una funzione educativa insostituibile e non dovrebbe mancare nei programmi della formazione dei giovani anche ai giorni nostri.
Platone sosteneva "quando penso allo stato perfetto, vedo l'educazione dei suoi custodi basata sulla musica..."
Qualora la pratica musicale fosse inserita nei nostri comportamenti abituali, frequentando, per esempio, un corso in una scuola di musica, avrebbe un ruolo di grande rilievo per il nostro equilibrio psicofisico ed un ruolo determinante nella qualità della nostra vita.
Mi sembra quindi opportuno sottolineare l'importanza di fare musica fin dall'infanzia attraverso l'educazione.
Per questo motivo la Scuola Milano Musica è disponibile ad impegnare proprie risorse intellettuali perché questa conoscenza e consapevolezza diventino patrimonio di molti.
Infanzia triste senza musica
I bambini senza musica rischiano di accusare fin da piccoli una serie di problemi: asocialità, intolleranza e mancanza di fantasia. E' quanto emerge da un'indagine realizzata da Disney Interactive.
La musica rilassa, esalta i sentimenti, accresce il senso del ritmo. E' meglio inaugurare l'ascolto fin da piccolissimi. I bambini di oggi invece rispetto al passato ne ascoltano meno mentre ne avrebbero più bisogno: nell'era della civiltà dell'immagine, infatti, l'udito risulta tra i bambini il senso più trascurato.
Un infanzia senza musica, secondo gli psicologi, rende i piccoli più tristi e li spinge verso l'asocialità e l'intolleranza. L'arte dei suoni invece si rivelerebbe fondamentale per lo sviluppo della fantasia e, essendo un linguaggio universale, aiuterebbe a sviluppare la tolleranza e l'apertura nei confronti degli altri in una società sempre più multietnica. Infine, i bambini senza musica possono diventare adulti poco sensibili, timidi o magari eccessivamente attaccati alla mamma.
E' quanto emerge da un'indagine della Disney Interactive realizzata in occasione del lancio del videogioco musicale Rolie Polie Olie condotta da un pool di oltre 100 psicologi, pedagogisti, pediatri e musico-terapeuti, sul tema del rapporto tra la musica e il processo formativo dei bambini e presentata al primo Raduno Nazionale delle Mamme.
Dagli esperti arriva anche un appello alle istituzioni: la musica oggi è sottovaluta da scuole e istituzioni in genere che la trattano come una materia qualunque. Le poche volte che è oggetto di insegnamento,
questo viene fatto con troppa rigidità.
Molti suggeriscono innanzitutto di tornare a cantare ai figli le "ninna nanne", troppo spesso dimenticate.
Le nuove tecnologie si possono rivelare un alleato importante nell'incontro fra bambini e musica. La pensa cosí il 58% tra psicologi e pedagogisti, contro un 34% di contrari.
Bocciati i videoclip e i bambolotti parlanti e canterini.
Promossi invece l'esperienza del ballo e del movimento a tempo di musica e il canto, anche se non in tenera età per non non generare fenomeni di mini-divismo.
Sí anche all'insegnamento di uno strumento musicale ma, avvertono gli esperti, "i genitori devono stare attenti a frenare ambizioni artistiche personali".
L'eccessivo ricorso alla tv, in particolare l'abbandono dei bambini davanti ai videoclip, viene considerato negativo dall'87% degli esperti. All'opposto alcuni sottolineano invece l'importanza di eventi televisivi come lo Zecchino d'oro, "capaci di trasmettere l'amore per la musica e l'amicizia".
In tv poi il 42% degli intervistati promuove la musica delle sigle dei cartoni animati e il 34% dice sí anche ai jingle pubblicitari, capaci con le loro melodie semplici e accattivanti di far presa facilmente sui più piccoli. Solo il 21% vede con favore manifestazioni come il Festival di Sanremo.
SUONARE il pianoforte
'modifica' il cervello
http://www.molecularlab.it
Dossier Neurologia Categoria:Medicina e Salute
Suonare il Pianoforte
Imparare a suonare il pianoforte nell'infanzia e continuare gli studi durante la crescita modifica la struttura cerebrale, accelerando la trasmissione degli impulsi nervosi. In particolare, gli esercizi al piano aumentano la mielinizzazione dei nervi che permettono di muovere indipendentemente le dita e delle fibre che connettono le aree uditive dei due emisferi.
Secondo uno studio svedese, pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience, i continui esercizi stimolano la produzione di 'sostanza bianca', cioè di mielina, un composto grasso che circonda i nervi e serve appunto a velocizzare la trasmissione dei segnali nervosi.
Finora, si sapeva solo che i pianisti possedevano una diversa organizzazione di alcune aree cerebrali che servono ad analizzare i suoni e fanno parte della cosiddetta 'sostanza grigia', costituita dai neuroni. Secondo l'autore Fredrik Ullen, del Karolinska Institutet (Stoccolma) ''questi risultati dimostrano che, se si vuole arrivare ad un buon livello di esecuzione, e' necessario cominciare a studiare il pianoforte dalla prima infanzia''.
Lo studio e' stato condotto su un campione di otto pianisti professionisti, tutti uomini destrimani, con un'eta' media di 32 anni e su otto volontari, non musicisti della stessa eta'. E' stata selezionata questa fascia d'eta' perché si ritiene che la maturazione delle fibre nervose termini intorno ai 30 anni. La distribuzione della mielina e' stata analizzata con una tecnica di indagine che sfrutta la risonanza magnetica, chiamata “Imaging del Tensore di Diffusione (DTI)”. Successivamente, i dati raccolti sono stati confrontati con le ore di pianoforte che i partecipanti avevano praticato (iniziando le lezioni intorno ai sei anni d'eta') fino agli 11 anni, tra i 12 ed i 16 anni e dai 17 anni all'eta' attuale.
I risultati hanno indicato che, al crescere delle ore passate a suonare il piano durante l'infanzia, aumentava la sostanza bianca nella capsula posteriore del tratto piramidale, la parte del cervello da cui partono i comandi per i movimenti di precisione delle dita. Inoltre, la pratica, compresa quella effettuata nella vita adulta, era associata anche ad un aumento della mielinizzazione delle fibre corticocorticali che passano per il corpo calloso e mettono in comunicazione le aree uditive dei due emisferi.
Fonte: AdnKronos (08/08/2005)
Alcune di queste considerazioni sono sintetizzate alla pagina cosa facciamo
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